Nel centenario della nascita di Achille Castiglioni (1918-2002), la Triennale di Milano dedica al maestro del design una vasta mostra monografica allestita e curata da Patricia Urquiola, sua allieva al Politecnico di Milano, con la collaborazione di Federica Sala.
A Castiglioni non è una mostra cronologica, né un allestimento univoco e temporalmente lineare, ma un percorso nel quale la ricca mole di materiali – mobili, lampade, utensili, progetti di allestimento e di architettura, fotografie e prototipi – è organizzata in gruppi, o cluster, che costituiscono i punti di incrocio di una rete concettuale, generando così traiettorie e rimandi che ogni visitatore può scoprire liberamente.
Punto centrale del suo lavoro è l’ironia, il divertimento, il non prendersi troppo sul serio, anche quando si prendono molto sul serio le cose che si fanno, perché, come diceva il maestro «l’importante è sapersi prendere in giro come faceva Jacques Tati e anche non metterla giù troppo dura con questo design, prendere la società com’è».
Ed è per questo che realizza un cappello con uno stampo da budini, disegna lampade come animali da compagnia, costruisce un portavasi come un dinoccolato personaggio. Immaginazione, sentimento, commedia. Tutto questo è contenuto nella su arte gaia e garbata, come si legge alla mostra. Castiglioni progetta giocando. L’ironia è l’atteggiamento che gli consente un approccio alla realtà libero nell’esercizio del dubbio, per trovare ogni volta l’entusiasmo della creazione.
L’eredità del suo approccio progettuale, sempre connotato dalla curiosità e dal divertimento che ha portato a una attività multiforme nel design di prodotto, negli allestimenti, nell’insegnamento – prima al Politecnico di Torino e poi al Politecnico di Milano – è custodita dalla Fondazione Achille Castiglioni, ospitata nel suo storico studio di piazza Castello. Qui l’obiettivo è quello di catalogare, archiviare, digitalizzare progetti, disegni, foto, modelli, video, frutto di oltre 60 anni di attività, svolta prima con i fratelli Livio e Pier Giacomo, poi dal 1968, da solo.
Achille Castiglioni ha progettato più di 400 allestimenti temporanei per mostre e fiere e ha lavorato con innumerevoli aziende di settore, tra cui Alessi, Brionvega, B&B Italia, BBB Bonacina, Cimbali, Danese, Driade, De Padova, Flos – alla quale come designer è storicamente legato sin dalla nascita dell’azienda – Cassina, Moroso, Knoll International, Kartell, Zanotta.
Vedendo la mostra si capisce come al centro dei suo metodo progettuale ci sia sempre la relazione fra l’oggetto e le persone che lo useranno.
Nei progetti di interni domestici gli oggetti sono scelti e collocati nello spazio in relazione ai movimenti delle persone, a prescindere dallo stile, ma con grande eleganza), con un approccio informale molto attuale.
Specialmente nei progetti di lampade, ma non solo, è chiarissima la volontà di arrivare a soluzioni che rispondono a utilizzi ben precisi: come deve essere fatta una lampada per leggere un libro stando seduti in poltrona? E una per illuminare il piano di tavolo, se quel tavolo un giorno verrà spostato?
“Ancora più del famoso “componente principale di progettazione” – concetto ripetuto come un mantra a noi studenti durante i suoi corsi al Politecnico di Milano” – dichiara Patricia Urquiola, “ancora più dei singoli prodotti, ciò che colpisce, ed è ancora attuale di Castiglioni, è proprio la capacità di trovare soluzioni solo apparentemente “semplici”, che dichiarano tutta l’ attenzione per il rapporto fra gli esseri umani e le cose della quotidianità. Un’ attitudine che non ha perso un grammo del suo valore, e che nell’era del design ridotto ad immagine iconica, condivisa a milioni fra gli utenti di Instagram, apre infinite possibilità di discussione”.
Fino al 20 gennaio, vale la pena di andarla a visitare per stupirsi e divertirsi e dove possibile interagire con gli allestimenti, come avrebbe voluto Castiglioni.